Chiara Bandino esplora con sensibilità l’importanza dei dettagli, dei piccoli gesti e dei cambiamenti che modellano la percezione del tempo e dello spazio. Lo spettatore è invitato a rallentare e, con uno sguardo attento, cogliere la bellezza e il significato nascosti nelle cose più semplici, per comprendere la complessità del mondo e il valore di ciò che costruiamo ogni giorno. Attraverso la sua poetica sottile e contemplativa, ci mostra il ritmo nascosto della vita, dove in ogni dettaglio è racchiuso un universo di possibilità.
Il lavoro di Francesco Biasi si configura come un percorso che intreccia immagini, materiali e installazioni per riflettere sul concetto di rifugio, offrendo una sintesi delle molteplici forme che esso può assumere. L’installazione della prima sala - otto puntelli da edilizia che sostengono un’immagine di un cane - unita alla rielaborazione di immagini prese da un archivio privato russo, diventa una riflessione stratificata sulla casa: non solo luogo fisico, ma spazio simbolico dove la memoria e il fare manuale si incontrano per costruire un racconto che appartiene a tutti.
La ricerca di Stefano Conti, invece, esplora temi legati all’archeologia, alla museologia, e al rapporto che l’essere umano ha con gli oggetti. Egli usa l’intuizione e il gesto giocoso come strumenti che gli permettono di interagire sia con l’incertezza che permea le tracce del passato, sia con quei luoghi che contengono molteplici narrazioni storiche.
La pratica di Nicolò Lucchi ha sempre messo in discussione i limiti del mezzo fotografico. In particolare, il desiderio di superare i confini e gli aspetti tangibili della macchina fotografica lo spingono a esplorare la relazione tra immagini e tempo: un’indagine, che nei suoi ultimi lavori si estende alla memoria personale e al paesaggio che lo circonda, sviluppata attraverso la sperimentazione con nuovi materiali di stampa. Nelle sue opere, la fotografia diventa uno strumento per smontare la realtà e ricomporla, attribuendole nuovi significati.
Di memorie tratta, infine, la rivisitazione dell’archivio personale di Gloria Pasotti: immagini, testi e disegni si trasferiscono dalle pagine del suo diario e delle sue zine cartacee a nuovi supporti fotografici e non fotografici. La sua pratica mette in scena un immaginario romantico, fisico e stratificato, con uno sguardo enigmatico e sentimentale sulle relazioni affettive e sul paesaggio naturale. Una costellazione di visioni senza tempo né spazio, che rappresentano la necessità di riconoscere nell’altro un segno tangibile della nostra esistenza.